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venerdì 24 dicembre 2010

Aggiornamento 2

24 Dicembre 2015




In trappola.

Questo è quello che siamo, questo è come siamo ridotti. Non più esseri umani, liberi, ma prigionieri in attesa della fine. Una fine tanto dolorosa quanto orribile.
Quello che mi fa impazzire è che, tenendo conto della situazione, non mi posso neanche lamentare troppo: nel delirio totale io e i miei colleghi (da quanto tempo non li chiamavo così!) siamo stati fortunati. Non parlerò per ora della rocambolesca fuga da “Troia fumante” che ci ha portato fino a qui, in questo avamposto di civiltà sugli Appennini emiliani. Vi basti sapere che dire che Bologna è fuori controllo è usare un delicato eufemismo. Ma così è.

Qualche giorno fa siamo andati in perlustrazione. Il bosco attorno al casolare in cui siamo rinchiusi è pieno di vita, nonostante l’inverno. Vita vera, sia ben chiaro. Gli animali scorazzano nel loro regno, sicuri che il morbo non sarà la loro fine, ma solo quella degli umani.
In vista del paese ci siamo separati, volendo fare il prima possibile. Castel d’Aiano è l’ombra di quello che era; non mi riferisco solo alle case sprangate e abbandonate, né all’odore terribile e avvolgente che stagna tra le stradine. Quello che fa più effetto è il silenzio: un silenzio indefinibile di morte, solitudine, di definitiva rassegnazione. L’esempio concreto della vanità delle cose umane, non credete?
Comunque, l’obiettivo della ricognizione (termine altezzoso, considerando che ogni scricchiolio delle suole mi provocava un brivido) era capire se vi fosse possibilità di trovare cibo senza correre il rischio di essere infettati. Non credo che ci siano Gialli in giro, non qui e non ora tenuto conto che il freddo sembra dare loro fastidio, ma se riuscissimo a trovare cibo facilmente sarebbe un bel passo avanti. Ho contato circa tre negozi di alimentari con qualcosa in vetrina, ma non mi sono azzardato a entrare.

Non avrei mai pensato che il ringhio di un cane mi avrebbe fatto accapponare la pelle in quel modo. E’ successo all’improvviso, mentre stavo fissando stupidamente la vetrina. Un rumore basso, ingolfato. Mi sono voltato di scatto ed era lì. Un bastardo, direi, con il pelo sporco e la bava che gli colava tra i denti. Denti che a volte mi svegliano ancora nel dormiveglia in cui tento di riposare. Sono indietreggiato lentamente, ma lui non ha spostato i suoi occhi dai miei. Ha fatto qualche passo verso di me e ho notato che teneva la zampa anteriore alzata: probabilmente era rotta. Allora mi sono girato e sono fuggito. Non mi sono voltato, ma non credo mi abbia inseguito.. Forse non era infetto, ma solo affamato e inselvatichito. Non me la sono sentita di rischiare.

Tornato al casolare mi sono chiesto che cosa avrei fatto se fosse stato un essere umano; fortunatamente non dovrei decidere da solo.
Siamo tutti in trappola.

Davide Pedrini

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